Demonizzazione e riscoperta della Capana in Italia
La canapa è una fibra tessile che si ricava dai fusti di Cannabis sativa. Erroneamente conosciuta più per i suoi effetti narcotici, prima dell’industrializzazione, era utilizzata per la produzione di carta (da tessili e cordami smessi e riciclati).
Ma la pianta era già nota a Egizi, Greci, Romani e agli Arabi, che l’hanno potuta apprezzare per secoli in ambito medico in connessione con le prime operazioni chirurgiche. Data infatti la sua elevata resistenza, fungeva da ‘spugna soporifera’, un metodo anestetico che consisteva nell’impregnare il tessuto di canapa con sostanze antidolorifiche.
Si dice però che fu Carlo Magno a promuoverne la coltivazione, sia per scopi alimentari che tessili; la storia della canapa è infatti disseminata di documenti risalenti soprattutto al Medioevo. Venne prodotta, in Italia, fino agli anni Cinquanta, grazie alle Repubbliche Marinare che la utilizzavano per le proprie flotte.
L’Emilia-Romagna ed il Piemonte erano le regioni-traino di questo fiorente mercato. Si stima infatti che fino al 1910, nel ferrarese, ci fossero ben 45mila ettari di campi coltivati a canapa. Questa fibra divenne poi nota soprattutto in ambito domestico, dato che veniva utilizzata per la realizzazione di biancheria e telerie.
Il settore entrò in crisi con la diffusione di juta, lino e cotone ad uso tessile e delle tecnofibre per il settore navale, ma il colpo di grazia lo ricevette nel 1975, quando venne vietata la coltivazione della canapa indica a causa della presenza di cannabinoidi, nonostante la significativa diversità di contenuto tra la specie coltivata per effetti stupefacenti e quella ad uso non alimentare.
Nel 2000, ci sono stati, quindi, i primi segnali della riscoperta, quando per merito di una normativa comunitaria, la canapa è stata reintrodotta nelle colture di Emilia-Romagna, Piemonte e Toscana. Oggi, questa pianta viene utilizzata anche nel settore alimentare, della bio-edilizia, energetico e cosmetico; il suo olio è infatti un potente antiparassitario.
La canapa è utile, con successo, anche per la produzione di materiale bioplastico, essendo sostenibile e praticamente indistruttibile. La sua filiera non produce infatti né rifiuti inquinanti né emissioni nocive, ma anzi, data l’origine vegetale della materia, aiuta l’immissione di ossigeno nell’atmosfera. Inoltre potrebbe essere utile a contrastare la deforestazione, essendo oltretutto una pianta a ciclo annuale.
È biocompatibile e se confrontata con il lino e o cotone, impoverisce in maniera minore il terreno ed all’opposto lo arricchisce, rilasciando naturalmente azoto. Non necessita di alcuna manutenzione, poiché è altamente resistente ai parassiti e coltivabile a qualunque latitudine.
La fibra che se ne ricava è delicata sulla pelle, confortevole, capace di assorbire l’umidità, schermare dai raggi UV e di resistere sia al calore che alla tensione meccanica (in misura 3 volte superiore rispetto al cotone). Per questa ragione, viene oggi utilizzata nell’industria tessile biologica, per la realizzazione di capi d’abbigliamento e biancheria per la casa.